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09 agosto 2008

«Social card per promuovere il turismo a prezzi scontati»

Una «social card» per i turisti. Questa è la ricetta che propone il presidente della Commissione Industria, Commercio e Turismo al Senato, Cesare Cursi, per valorizzare le bellezze artistiche del nostro Paese.

«Agevolare un turismo culturale a prezzi sociali - afferma Cursi - darebbe grande giovamento a tutta la filiera del turismo collegato». Perché l'Italia, che detiene il 90% dei tesori artistici mondiali, non riesce a trarne un beneficio economico? «Il meccanismo è inceppato. Città come Roma e Firenze con difficoltà ripagano dagli introiti diretti appena le spese di gestione». Ma abbassare i costi non comporterebbe incassi inferiori? «Non credo. Gli ultimi dati Istat certificano 95,8 milioni di arrivi turistici in Italia e una crescita del 4% nel 2007 della componente straniera. La nostra bilancia commerciale turistica, sempre nel 2007, ha realizzato un attivo di 10 miliardi di euro. Sarebbe difficile trovare altri settori dell'industria italiana in grado di realizzare un simile risultato». Insomma, c'è il mercato ma l'offerta italiana resta rigida. «Esatto. Sta cambiando il modo di fare vacanze. La spesa pro capite è in calo ma cresce il numero dei visitatori. Bisogna rendere più flessibile e meno costosa l'accoglienza. Basta un dato a fotografare la situazione di stallo». Quale? «A fronte di quasi un 90% di turisti che si mostra fortemente interessato a notizie sul nostro Paese, poi solo il 36% decide effettivamente di prenotare una vacanza in Italia. Siamo molto cercati ma poco comprati». E gli italiani quanto spendono per una vacanza? «Nel primo semestre 2008 gli italiani hanno speso in media 488 euro per 4,4 notti di soggiorno in Italia ovvero il 17,2% in meno rispetto al 2007. Così preferiscono le vacanze all'estero e sono disposti a spendere anche un po' di più: in media 1.077 euro per una settimana». Quindi ritiene che in Italia il rapporto costi-benefici per il turista non sia concorrenziale? «È così. Roma, Venezia e Firenze rappresentano l'80% delle richieste del nostro Paese ma poi il turista, soprattutto se straniero, ha difficoltà a muoversi con pacchetti agili a motivo delle infrastrutture, della logistica e dei servizi offerti». Quanta ricchezza potenzialmente non viene raccolta? «Attualmente viene disperso quasi il 12% del Pil. Con una programmazione sistematica di questo settore abbiamo un tesoro che vale il 17% di Pil. Dobbiamo recuperarlo». La competenza in tema di Turismo è in concorrenza con quella delle Regioni. Che atteggiamento si aspetta da parte di quest'ultime? «Senza dubbio costruttivo e di grande collaborazione. Lo scorso 21 giugno a Riva del Garda è stato siglato dal Sottosegretario con delega al Turismo, Michela Brambilla e i rappresentati delle Regioni, il "Patto tra Stato e Regioni". La Brambilla ha dimostrato competenza, entusiasmo e capacità di scelta: questo lascia ben sperare per le sorti di questo comparto così prezioso per l'economia nazionale». Torniamo al ruolo delle Regioni. Abdicheranno a favore del governo centrale le scelte in materia di indirizzo turistico? «Assolutamente no, ma così deve essere. Il dettato costituzionale attribuisce loro specifiche competenze che non possono essere messe in discussione. Ma quando lo stesso presidente Errani, che ancora una volta conferma doti di intelligenza e lungimiranza, dice che "non è più tempo di avere venti politiche di promozione turistica l'una diversa dall'altra", ritengo che ci siano tutti i presupposti per intavolare un confronto serio».

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