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06 agosto 2008

Pechino, gli atleti dicono «no» alla politica

C e r i m o n i a . S i - C e r i m o n i a . N o
Alla fine lo sport ha vinto sulle beghe politiche del governo.Al villaggio olimpico è andata in scena mercoledì mattina la cerimonia dell'alzabandiera per l'Italia. Sembrano così rientrate le polemiche sulla rotta Roma-Pechino per la richiesta agli azzurri di non sfilare all'apertura, fatta dal ministro Meloni. «E invece si sfila eccome - dicono in coro gli azzurri da Pechino - si sfila e basta, perché questa è la cosa migliore da fare». Anche il presidente del Coni Gianni Petrucci ha preso le difese degli atleti. «Perché si chiede allo sport quello che dovrebbe fare la politica? Perché si chiede loro di arrivare dove la politica non riesce ad arrivare?», ha detto Petrucci nella conferenza stampa a Pechino, «Il presidente della Repubblica - ha aggiunto il numero uno del Coni - ci ha dato il dovere di compiere un incarico, consegnando ad Antonio Rossi il tricolore. È un dovere di Antonio Rossi e della delegazione italiana portare il tricolore e sfilare. Nessuno ha mai detto agli industriali di non andare a investire in Cina. Le Olimpiadi rappresentano per gli atleti un'occasione straordinaria, di esaltazione di vita e di gioia. Non è giusto e logico – chiude Petrucci - chiedere all'atleta quello che non può e non deve dare». Ad esprimere bene il concetto da Pechino ci pensa Raffaelle Pagnozzi, il capo missione degli azzurri e segretario generale del Coni. «Noi sfileremo, non abbiamo posizioni politiche da esprimere. Siamo qui e rappresentiamo il Paese nel modo giusto». Messaggio chiaro, che arriva quando la bandiera italiana è già alta. Schierati ci sono Gianni Petrucci, l' ambasciatore Riccardo Sessa, oltre a Pagnozzi, i membri Cio Manuela Di Centa, Franco Carraro, Mario Pescante, alcuni presidenti di federazione e gli atleti: pugili, lottatori, nuotatori, pallavoliste. Macchine fotografiche e videocamere accese, foto ricordo sotto una grande struttura in metallo che riproduce i cinque cerchi olimpici. È voglia di Giochi, e basta. «Tra noi non abbiamo mai parlato della possibilità di boicottare la sfilata. Per noi questo - dice l' ex azzurro del volley Marco Bracci - è un argomento lontano, non ci passa proprio per la testa di perderci la cerimonia d'apertura». Le proposte di manifestare in quell'occasione per i diritti umani ritornano tutte ai mittenti. «I politici ci vogliono addossare responsabilità, ma io non me le sento addosso», continua Marco Bracci, ora vice allenatore della nazionale femminile. «Queste sono baruffe chiozzotte – fa eco Pescante - Ho letto le frasi della Meloni e le ho messe via. I Giochi hanno portato la democrazia a Seul, la perestrojka in Russia, aiuteranno anche la Cina a cambiare». Dello stesso avviso Carraro: «Dopo le olimpiadi la Cina non diventerà un paese democratico, ma non sarà più la stessa. Boicottare? Il Governo manda il ministro Frattini e il sottosegretario Crimi: questo è un dato di fatto. Gasparri e Meloni non sono in sintonia col Governo». Di responsabilità politiche ne parla anche l’opposizione italiana. «Chiediamo noi al governo e al ministro Frattini, durante la sua presenza ufficiale a Pechino, una presa di posizione forte contro la violazione dei diritti umani e civili che in Cina non sono certo una novità di ieri». Lo dichiara Massimo Donadi, capogruppo di Italia dei Valori alla Camera, che insiste: «Questo suo gesto avrebbe, sì, una valenza politica forte». L'esponente dell'Idv ritiene infatti che «scaricare sugli atleti, che aspettano magari l'occasione della loro vita, scelte che spettano alla politica è ridicolo. Ognuno, atleti compresi, risponde alla propria coscienza sensibilità», conclude.

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