Addio al reddito di cittadinanza. Il sussidio sarà cancellato, il bilancio regionale non riesce a sostenere «una spesa di questa consistenza», afferma l'assessora alle Politiche sociali Alfonsina De Felice.
La sforbiciata è arrivata in giunta ad opera dell'assessore al Bilancio Mariano D'Antonio ed è stata portata all'attenzione della VI Commissione regionale, presieduta da Franco Casillo. «D'Antonio — continua De Felice — ci ha detto chiaro e tondo che non ci sono risorse e che il sussidio non potrà essere più erogato». Le diciottomila famiglie in stato di indigenza sono avvisate ma, almeno per adesso, non abbandonate. Il reddito ha ancora dei ratei da saldare, si parla di almeno due semestralità. Dopo? Dopo è allo studio una serie di misure di aiuto «che superino il vecchio sussidio e aprano la strada ad una nuovo assetto di welfare regionale», afferma De Felice. «Oramai quella del sussidio post factum è una politica datata — analizza — tanto che la Regione Campania è l'unica ad averla ancora in campo. Non può più essere così, perché soldi la Regione non ne ha e soprattutto l'esborso oggi è a totale carico delle casse regionali, visto che né il governo di centrosinistra né quello di centrodestra hanno mai pensato di cofinanziare l'iniziativa».Il difficile sarà spiegarlo a quei 18mila nuclei familiari con un reddito annuo inferiore ai 5.000 euro e che con i 350 euro di sussidio mensile certo non vedevano cambiata la loro vita ma sicuramente una minima chance in più l'hanno avuta.L'idea del reddito di cittadinanza nacque nel 2004 con la legge numero 2. S'avviò una sperimentazione che alla lunga è diventata economicamente insostenibile. E i numeri parlano chiaro: nel primo e secondo anno anno la Regione ha sborsato 74 milioni di euro, che sono diventati 92 nel terzo. Poi il decremento: 30 milioni al quarto anno (quello ancora in pagamento grazie a ratei arretrati), 15 milioni al quinto anno. Stop; fine.«Io avevo provato a mettere in Bilancio altri 20 milioni per finanziare il reddito di cittadinanza — ricorda De Felice — ma D'Antonio mi ha fermato. Mi rendo conto che in questa regione c'è un tessuto sociale difficilissimo e che si rischiano tensioni una volta terminato il saldo degli anni precedenti. Ma non ce ne staremo con le mani in mano. Prima che finisca la legislatura abbiamo ancora molti mesi davanti per apportare correttivi, pensare ad idee nuove. Come il potenziamento del servizio civile ad esempio. Le politiche sociali in questi anni sono state la ‘‘cenerentola'' dell'azione amministrativa. Bisogna invertire la marcia con l'aiuto di tutti: della politica in primis. E penso a maggioranza e opposizione. Sa qual è il mio obiettivo? Portare la spesa sociale in Campania dai 5-30 euro procapite a 60, come accade per la maggior parte delle realtà italiane».Una miopia quella di provvedere ad un sussidio «passivo» pensato quattro anni fa? «Una scelta coraggiosa all'epoca — conclude De Felice — ma che non va più bene. Anche perché ai 350 euro mensili erano affiancate procedure di avviamento al lavoro dei soggetti interessati. Questa seconda parte della legge ha completamente fallito».
La sforbiciata è arrivata in giunta ad opera dell'assessore al Bilancio Mariano D'Antonio ed è stata portata all'attenzione della VI Commissione regionale, presieduta da Franco Casillo. «D'Antonio — continua De Felice — ci ha detto chiaro e tondo che non ci sono risorse e che il sussidio non potrà essere più erogato». Le diciottomila famiglie in stato di indigenza sono avvisate ma, almeno per adesso, non abbandonate. Il reddito ha ancora dei ratei da saldare, si parla di almeno due semestralità. Dopo? Dopo è allo studio una serie di misure di aiuto «che superino il vecchio sussidio e aprano la strada ad una nuovo assetto di welfare regionale», afferma De Felice. «Oramai quella del sussidio post factum è una politica datata — analizza — tanto che la Regione Campania è l'unica ad averla ancora in campo. Non può più essere così, perché soldi la Regione non ne ha e soprattutto l'esborso oggi è a totale carico delle casse regionali, visto che né il governo di centrosinistra né quello di centrodestra hanno mai pensato di cofinanziare l'iniziativa».Il difficile sarà spiegarlo a quei 18mila nuclei familiari con un reddito annuo inferiore ai 5.000 euro e che con i 350 euro di sussidio mensile certo non vedevano cambiata la loro vita ma sicuramente una minima chance in più l'hanno avuta.L'idea del reddito di cittadinanza nacque nel 2004 con la legge numero 2. S'avviò una sperimentazione che alla lunga è diventata economicamente insostenibile. E i numeri parlano chiaro: nel primo e secondo anno anno la Regione ha sborsato 74 milioni di euro, che sono diventati 92 nel terzo. Poi il decremento: 30 milioni al quarto anno (quello ancora in pagamento grazie a ratei arretrati), 15 milioni al quinto anno. Stop; fine.«Io avevo provato a mettere in Bilancio altri 20 milioni per finanziare il reddito di cittadinanza — ricorda De Felice — ma D'Antonio mi ha fermato. Mi rendo conto che in questa regione c'è un tessuto sociale difficilissimo e che si rischiano tensioni una volta terminato il saldo degli anni precedenti. Ma non ce ne staremo con le mani in mano. Prima che finisca la legislatura abbiamo ancora molti mesi davanti per apportare correttivi, pensare ad idee nuove. Come il potenziamento del servizio civile ad esempio. Le politiche sociali in questi anni sono state la ‘‘cenerentola'' dell'azione amministrativa. Bisogna invertire la marcia con l'aiuto di tutti: della politica in primis. E penso a maggioranza e opposizione. Sa qual è il mio obiettivo? Portare la spesa sociale in Campania dai 5-30 euro procapite a 60, come accade per la maggior parte delle realtà italiane».Una miopia quella di provvedere ad un sussidio «passivo» pensato quattro anni fa? «Una scelta coraggiosa all'epoca — conclude De Felice — ma che non va più bene. Anche perché ai 350 euro mensili erano affiancate procedure di avviamento al lavoro dei soggetti interessati. Questa seconda parte della legge ha completamente fallito».
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