Un danno insostenibile per il Sud. Così il responsabile delle Acli per il Mezzogiorno Gianluca Budano commenta lo «tsunami demografico» i dati del rapporto Svimez sull’economia meridionale, diffuso ieri.
Nessuno stupore però sul quadro disegnato dall’Associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno.
«I dati del Rapporto Svimez purtroppo non ci meravigliano - spiega Budano che è anche presidente delle Acli pugliesi - anzi confermano le preoccupazioni da anni manifestate e l'idea che i problemi del Paese, simili lungo tutto lo Stivale, si ripercuotono con intensità sempre maggiore nel Mezzogiorno». « La forte emigrazione di giovani cervelli- prosegue il dirigente - verso l’estero o il Nord Italia procura un danno insostenibile all’economia del Mezzogiorno e prima ancora alle famiglie, che nella formazione dei figli hanno investito le proprie risorse e assistono alla beffa di vedere i benefici dei loro investimenti ripercuotersi in territori diversi da quelli d’origine».
Per risolvere in parte il problema bisognerebbe secondo Budano pensare a «politiche di formazione professionale mirate, non estemporanee, fortemente legate al territorio e ai suoi specifici bisogni formativi e occupazionali» e a riformare il sistema di collocamento dei lavoratori.
Nessuno stupore però sul quadro disegnato dall’Associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno.
«I dati del Rapporto Svimez purtroppo non ci meravigliano - spiega Budano che è anche presidente delle Acli pugliesi - anzi confermano le preoccupazioni da anni manifestate e l'idea che i problemi del Paese, simili lungo tutto lo Stivale, si ripercuotono con intensità sempre maggiore nel Mezzogiorno». « La forte emigrazione di giovani cervelli- prosegue il dirigente - verso l’estero o il Nord Italia procura un danno insostenibile all’economia del Mezzogiorno e prima ancora alle famiglie, che nella formazione dei figli hanno investito le proprie risorse e assistono alla beffa di vedere i benefici dei loro investimenti ripercuotersi in territori diversi da quelli d’origine».
Per risolvere in parte il problema bisognerebbe secondo Budano pensare a «politiche di formazione professionale mirate, non estemporanee, fortemente legate al territorio e ai suoi specifici bisogni formativi e occupazionali» e a riformare il sistema di collocamento dei lavoratori.
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