Approvato all’unanimità un documento del Cnel
Sorpresa: Confindustria e i sindacati tifano per l’impresa sociale. Lo conferma Edo Patriarca, che da consigliere del Cnel ha seguito la genesi di un documento approvato dal Cnel: «per la prima volta l’impresa sociale ha trovato un riconoscimento condiviso da tutte le parti sociali. È un dato politico di grande rilevanza». In effetti lo Schema di osservazioni e proposte sull’impresa sociale (il documento integrale lo trovate in allegato a questa pagina) è stato approvato all’unanimità il 27 gennaio. Si propone di contribuire alla promozione di questa nuova forma imprenditoriale e avanza anche proposte concrete.
Un cammino condiviso
Per arrivare a questo risultato è servito quasi un anno di confronti, audizioni, dibattiti ai quali hanno partecipato tutte le parti sociali: Confindustria, Confcommercio, Confartigianato, i sindacati, alcuni soggetti di terzo settore. Che si sono trovati infine d’accordo nel sottoscrivere un documento che, nell’ambito della normativa italiana sull’impresa sociale e sulla scia della risoluzione del Parlamento europeo del febbraio 2009, stabilisce alcuni punti fermi sul ruolo, la funzione anche economica dell’impresa sociale. L’importanza della quale oggi è riconosciuta anche dai sindacati ad esempio per quanto riguarda lo sviluppo e la riforma del Welfare. Un bel passo avanti, non c’è dubbio. Un passo che i sindacati non hanno fatto da soli. Anche Confindustria, i cui rappresentanti all’interno del Cnel hanno pure votato il documento, «ha preso atto che non c’è più solo il modello capitalistico ma che accanto a esso ha diritto di cittadinanza l’impresa sociale», sottolinea Patriarca.
Alcune osservazioni
Lo Schema approvato è del resto assai puntuale. Partendo da alcune premesse giunge ad altrettante proposte. Tra le prime, c’è l’esplicito riconoscimento che l’impresa sociale può essere un soggetto di democrazia economica avanzato, che – si legge - «permette di avere garanzie riguardo ad una gestione che persegue finalità di interesse generale e non egoistico: quindi qualità del lavoro e dell’outcome. Ciò che è determinante, oltre la democraticità, è l’outcome sociale, cioè fare bene il bene». Certo, andranno forse precisati meglio i meccanismi di partecipazione attiva dei lavoratori e degli stakeholders, ma non vi è dubbio che questo soggetto abbia, anche in tempi di crisi, una funzione economica, in quanto «modalità di attivazione della società intera, che può avere un effetto moltiplicatore importante in quanto, non solo diviene un fattore di sviluppo di welfare, ma possiede capacità promozionali e contribuisce a creare posti di lavoro e punti percentuali di Pil».
Le proposte del Cnel
Il Gruppo di lavoro dell’economia sociale ha formulato, nell’ultima parte del documento, anche alcune proposte di merito. Anzitutto che siano ampliati i settori di possibile intervento (ricomprendendo segmenti produttivi oggi non previsti: commercio equo, inserimento lavorativo per le persone espulse dal mercato del lavoro, servizi al lavoro rivolti ad attività in ambito non profit, turismo sociale, housing sociale). Quindi che siano meglio definite le procedure amministrative (in particolare per quanto riguarda i registri speciali presso le Camere di Commercio). Poi che siano introdotti inventivi per promuovere l’impresa sociale (per esempio attraverso una sovvenzione globale), talune soluzioni di semplificazione burocratica e che siano istituite agevolazioni fiscali e non (dall’estensione all’impresa sociale della riduzione dell’aliquota IRES al 50% all’estensione dell’esenzione Iva prevista per le Onlus anche all’impresa sociale e/o previsione di applicabilità dell’aliquota IVA agevolata; per arrivare alla possibilità di effettuare erogazioni a imprese sociali godendo dei benefici della Più dai meno versi). Il documento sarà ora inviato a Parlamento e governo. «Non ha valore vincolante», conclude Patriarca, «ma confidiamo possa permettere un confronto aperto con l’esecutivo e in particolare con il ministro Sacconi anche tenendo conto delle proposte contenute nel suo Libro bianco. Il mio auspicio è che anche l’impresa sociale possa entrare degli interventi di rilancio del sistema produttivo».
Sorpresa: Confindustria e i sindacati tifano per l’impresa sociale. Lo conferma Edo Patriarca, che da consigliere del Cnel ha seguito la genesi di un documento approvato dal Cnel: «per la prima volta l’impresa sociale ha trovato un riconoscimento condiviso da tutte le parti sociali. È un dato politico di grande rilevanza». In effetti lo Schema di osservazioni e proposte sull’impresa sociale (il documento integrale lo trovate in allegato a questa pagina) è stato approvato all’unanimità il 27 gennaio. Si propone di contribuire alla promozione di questa nuova forma imprenditoriale e avanza anche proposte concrete.
Un cammino condiviso
Per arrivare a questo risultato è servito quasi un anno di confronti, audizioni, dibattiti ai quali hanno partecipato tutte le parti sociali: Confindustria, Confcommercio, Confartigianato, i sindacati, alcuni soggetti di terzo settore. Che si sono trovati infine d’accordo nel sottoscrivere un documento che, nell’ambito della normativa italiana sull’impresa sociale e sulla scia della risoluzione del Parlamento europeo del febbraio 2009, stabilisce alcuni punti fermi sul ruolo, la funzione anche economica dell’impresa sociale. L’importanza della quale oggi è riconosciuta anche dai sindacati ad esempio per quanto riguarda lo sviluppo e la riforma del Welfare. Un bel passo avanti, non c’è dubbio. Un passo che i sindacati non hanno fatto da soli. Anche Confindustria, i cui rappresentanti all’interno del Cnel hanno pure votato il documento, «ha preso atto che non c’è più solo il modello capitalistico ma che accanto a esso ha diritto di cittadinanza l’impresa sociale», sottolinea Patriarca.
Alcune osservazioni
Lo Schema approvato è del resto assai puntuale. Partendo da alcune premesse giunge ad altrettante proposte. Tra le prime, c’è l’esplicito riconoscimento che l’impresa sociale può essere un soggetto di democrazia economica avanzato, che – si legge - «permette di avere garanzie riguardo ad una gestione che persegue finalità di interesse generale e non egoistico: quindi qualità del lavoro e dell’outcome. Ciò che è determinante, oltre la democraticità, è l’outcome sociale, cioè fare bene il bene». Certo, andranno forse precisati meglio i meccanismi di partecipazione attiva dei lavoratori e degli stakeholders, ma non vi è dubbio che questo soggetto abbia, anche in tempi di crisi, una funzione economica, in quanto «modalità di attivazione della società intera, che può avere un effetto moltiplicatore importante in quanto, non solo diviene un fattore di sviluppo di welfare, ma possiede capacità promozionali e contribuisce a creare posti di lavoro e punti percentuali di Pil».
Le proposte del Cnel
Il Gruppo di lavoro dell’economia sociale ha formulato, nell’ultima parte del documento, anche alcune proposte di merito. Anzitutto che siano ampliati i settori di possibile intervento (ricomprendendo segmenti produttivi oggi non previsti: commercio equo, inserimento lavorativo per le persone espulse dal mercato del lavoro, servizi al lavoro rivolti ad attività in ambito non profit, turismo sociale, housing sociale). Quindi che siano meglio definite le procedure amministrative (in particolare per quanto riguarda i registri speciali presso le Camere di Commercio). Poi che siano introdotti inventivi per promuovere l’impresa sociale (per esempio attraverso una sovvenzione globale), talune soluzioni di semplificazione burocratica e che siano istituite agevolazioni fiscali e non (dall’estensione all’impresa sociale della riduzione dell’aliquota IRES al 50% all’estensione dell’esenzione Iva prevista per le Onlus anche all’impresa sociale e/o previsione di applicabilità dell’aliquota IVA agevolata; per arrivare alla possibilità di effettuare erogazioni a imprese sociali godendo dei benefici della Più dai meno versi). Il documento sarà ora inviato a Parlamento e governo. «Non ha valore vincolante», conclude Patriarca, «ma confidiamo possa permettere un confronto aperto con l’esecutivo e in particolare con il ministro Sacconi anche tenendo conto delle proposte contenute nel suo Libro bianco. Il mio auspicio è che anche l’impresa sociale possa entrare degli interventi di rilancio del sistema produttivo».
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