La capacità di indignarsi non è soltanto donna e sarebbe un errore considerare il degrado morale al quale ci ha portato il berlusconismo una questione solo femminile. E’ una questione che interessa gli uomini e le donne di tutte le età,di tutte le classi e stato sociale: giovani e anziani, studenti, lavoratori e disoccupati, politici e intellettuali, religiosi e laici. Interessa tutte le organizzazioni della società civile: partiti e sindacati, associazioni e movimenti, circoli e club, comitati e fondazioni. Interessa proprio tutti e vorrei saper scrivere un elenco infinito, fino a comprendere ogni individualità e ogni gruppo di persone che abbiano conservato la capacità di reagire con dignità e fermezza al decadimento morale cui ha condotto la politica dominante.
Il 13 febbraio sono previste manifestazioni organizzate dalle donne per affermare la loro dignità: Era ora che si levasse forte e chiara una voce a dire basta alla politica oscena del capo del governo e alle servili giustificazioni di quanti lo circondano. Che poi questa voce sia delle donne ciò conferma il loro coraggio di muoversi nei momenti critici della storia: così è stato con la nascita dei movimenti femministi, con le Madri di Plaza de Mayo, con le Donne in Nero, quando furono il loro coraggio e la loro determinazione ad ottenere la verità su storie di sfruttamento e di persecuzione che culture maschiliste e violente avevano costruito con politiche di supremazia e pratiche di sopraffazione. Era ora che apertamente, di nuovo come un tempo, si gridasse basta a una politica e a una non-cultura che vedono le donne come corpo-oggetto e che considerano il potere come dispensatore di favori e clientele.
Mi chiedo se a gridarlo debbano essere solo le donne. La risposta è che pure gli uomini debbono essere coinvolti in un progetto di riaffermazione di dignità comune. Dieci, cento, migliaia di risposte formeranno un progetto di dignità condivisa, quando il 13 febbraio scenderanno in piazza, uomini e donne, per dimostrare quanto sia urgente liquidare la politica dell’osceno e la cultura del sultano. Soprattutto gli uomini,”utilizzatori finali”, dovranno trovarsi in prima fila per contribuire a creare un futuro sulla dignità, prioritariamente per chi oggi è giovanissimo e domani con le sue scelte deciderà in quale Italia vorrà stare.
E’ tempo di scendere in piazza tutti insieme per dire basta a una cultura e a una politica maschilista. E’ tempo di dar voce all’esigenza profonda di esternare il rifiuto di modelli culturali e di comportamento che ormai da lungo tempo limitano la crescita del Paese. L’arrivismo, il successo ottenuto con le grazie del proprio corpo, la visione di una società sessista , la sessuomania, il piacere pagato per alleviare lo stres da lavoro, la ricchezza di denaro vista come misuratore di potere e di esistenza sono i modelli che occorre gettare in un pozzo senza fine. La giusta ambizione, la competenza, la modestia, l’affermazione di se stessi nel lavoro, il piacere trovato e vissuto nella reciprocità, la sessualità intesa come sublimazione della persona, il tempo libero visto come creatività sociale e personale, la ricchezza in principi e sentimenti, sono invece i valori e le aspirazioni che occorre tenere fermi nel disegnare una concezione della vita e una visione del mondo. E’ una concezione moralistica, puritana, perbenista, bacchettona? E’ semplicemente umanistica, cioè rispettosa dei valori umani e storici e dei diritti.
Per lungo tempo l’indignazione ha avuto espressione nel solo ambito domestico e di salotto; per troppo lungo tempo essa è stata trattenuta e non manifestata in reazione civile e organizzata. Certo, al decadimento morale - all’estero paragonato da più di qualche giornale addirittura alla decadenza dell’impero romano- corrisponde l’abbattimento della capacità politica dei partiti di opporsi con forza, timorosi ormai di organizzare la piazza non contro una persona ma contro una cultura politica. Allora ben venga la piazza del 13 febbraio, pensata dalle donne per riaffermare il rispetto della loro dignità e per ritrovare quanti, al di là delle appartenenze politiche, del credo religioso e della nazionalità, hanno capacità di indignarsi e vogliono una Italia diversa.
di Filippo Pugliese
Il 13 febbraio sono previste manifestazioni organizzate dalle donne per affermare la loro dignità: Era ora che si levasse forte e chiara una voce a dire basta alla politica oscena del capo del governo e alle servili giustificazioni di quanti lo circondano. Che poi questa voce sia delle donne ciò conferma il loro coraggio di muoversi nei momenti critici della storia: così è stato con la nascita dei movimenti femministi, con le Madri di Plaza de Mayo, con le Donne in Nero, quando furono il loro coraggio e la loro determinazione ad ottenere la verità su storie di sfruttamento e di persecuzione che culture maschiliste e violente avevano costruito con politiche di supremazia e pratiche di sopraffazione. Era ora che apertamente, di nuovo come un tempo, si gridasse basta a una politica e a una non-cultura che vedono le donne come corpo-oggetto e che considerano il potere come dispensatore di favori e clientele.
Mi chiedo se a gridarlo debbano essere solo le donne. La risposta è che pure gli uomini debbono essere coinvolti in un progetto di riaffermazione di dignità comune. Dieci, cento, migliaia di risposte formeranno un progetto di dignità condivisa, quando il 13 febbraio scenderanno in piazza, uomini e donne, per dimostrare quanto sia urgente liquidare la politica dell’osceno e la cultura del sultano. Soprattutto gli uomini,”utilizzatori finali”, dovranno trovarsi in prima fila per contribuire a creare un futuro sulla dignità, prioritariamente per chi oggi è giovanissimo e domani con le sue scelte deciderà in quale Italia vorrà stare.
E’ tempo di scendere in piazza tutti insieme per dire basta a una cultura e a una politica maschilista. E’ tempo di dar voce all’esigenza profonda di esternare il rifiuto di modelli culturali e di comportamento che ormai da lungo tempo limitano la crescita del Paese. L’arrivismo, il successo ottenuto con le grazie del proprio corpo, la visione di una società sessista , la sessuomania, il piacere pagato per alleviare lo stres da lavoro, la ricchezza di denaro vista come misuratore di potere e di esistenza sono i modelli che occorre gettare in un pozzo senza fine. La giusta ambizione, la competenza, la modestia, l’affermazione di se stessi nel lavoro, il piacere trovato e vissuto nella reciprocità, la sessualità intesa come sublimazione della persona, il tempo libero visto come creatività sociale e personale, la ricchezza in principi e sentimenti, sono invece i valori e le aspirazioni che occorre tenere fermi nel disegnare una concezione della vita e una visione del mondo. E’ una concezione moralistica, puritana, perbenista, bacchettona? E’ semplicemente umanistica, cioè rispettosa dei valori umani e storici e dei diritti.
Per lungo tempo l’indignazione ha avuto espressione nel solo ambito domestico e di salotto; per troppo lungo tempo essa è stata trattenuta e non manifestata in reazione civile e organizzata. Certo, al decadimento morale - all’estero paragonato da più di qualche giornale addirittura alla decadenza dell’impero romano- corrisponde l’abbattimento della capacità politica dei partiti di opporsi con forza, timorosi ormai di organizzare la piazza non contro una persona ma contro una cultura politica. Allora ben venga la piazza del 13 febbraio, pensata dalle donne per riaffermare il rispetto della loro dignità e per ritrovare quanti, al di là delle appartenenze politiche, del credo religioso e della nazionalità, hanno capacità di indignarsi e vogliono una Italia diversa.
di Filippo Pugliese
Nessun commento:
Posta un commento