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03 dicembre 2009

LA CANTATA DELL'OVVIETA' SULL'ACQUA PUBBLICA

L'epigrafe del generale La Palisse portava scritto: "…un quarto d'ora prima di morire egli era ancora in vita".Verità quanto mai ovvia, lapalissiana appunto. La dichiarazione del ministro Ronchi a difesa del decreto sulla privatizzazione dell'acqua recita. "…la proprietà dell'acqua è pubblica, l'acqua resta pubblica". Verità ormai ovvia, lapalissiana appunto. La dichiarazione, ripetuta poi in Parlamento dalla maggioranza , è diventata la cantata dell'ovvietà sull'acqua pubblica.
Che la proprietà dell'acqua sia pubblica è un principio fondamentale che nessuno osa mettere in discussione, tanto che ripeterlo è diventata cosa naturale e ovvia: è dal 1923 che la legislazione italiana salvaguarda con leggi e decreti la proprietà pubblica dell'acqua. Manca solo che si metta in discussione un'impalcatura legislativa ormai consolidata. Ma si sa che tutto è possibile quando le politiche sono basate sull'economia del profitto.
Il vero problema è che il ministro Ronchi si è guardato bene dal dichiarare che l'acqua è un bene primario e fondamentale per tutta l'umanità: principio troppo impegnativo che obbliga a essere conseguenti nell'applicazione delle leggi e dei decreti. Tant'è che non potendo mettere in discussione un principio ormai consolidato ha voluto regolare la gestione di una proprietà pubblica, l'acqua appunto, introducendo l'affidamento al privato. La motivazione data è che i costi di gestione e di manutenzione della rete degli acquedotti sono troppo esosi e solo l'iniziativa privata può far realizzare economie allo Stato. Sarà vero? Assolutamente si, soltanto che il privato dovendo pur realizzare un suo profitto farà pagare caramente, come è prevedibile, i costi che si saranno resi necessari per ammodernare le reti di distribuzione idrica. Ciò significa,inoltre, che non si è disposti a pagare i costi politici ed economici per realizzare opere di bonifica della rete di distribuzione ormai obsoleta, mentre si è disposti a pagare i costi di improbabili opere faraoniche.
Allora, qual è il fine di questa operazione fatta con la decretazione di urgenza, se non la realizzazione del profitto? Se non avviare, mascherandola con una pretesa legalità, la mercificazione di un bene primario?
"…Maledetti coloro che hanno votato per la mercificazione dell'acqua. Noi continueremo a gridare che l'acqua è vita, l'acqua è sacra, l'acqua è diritto fondamentale umano". Terribile questo appello di Alex Zanotelli lanciato da Napoli il 19 novembre rievocando il Vangelo di Luca "Maledetti voi ricchi…". Terribile lo scenario che si può delineare se va in porto questo disegno di privatizzazione e di mercificazione: l'acqua risorsa sempre più scarsa, visto l'uso consumistico che se ne fa, sarà pagata sempre più a caro prezzo; le classi più deboli non potranno pagarla perché da bene primario diventerà un bene di consumo; il business regolerà la gestione; lobby internazionali si affacceranno per ricavare profitto; banche internazionali finanzieranno le società private per realizzare opere di distribuzione e manutenzione; il costo della bolletta diventerà insopportabile. E' quanto già accaduto nella democraticissima Inghilterra: l'acqua è stata privatizzata, il privato ha realizzato lavori di adeguamento della rete idrica, i finanziamenti sono stati dati da una banca australiana, i costi sono stati scaricati sui cittadini con un aumento del 200% della bolletta.
Occorre scongiurare questo scenario, fermare questa spirale perversa. Far tacere quel canto dell'ovvietà recitato in Parlamento "la proprietà dell'acqua è pubblica, l'acqua resta pubblica",con il quale è stato approvato un decreto legge per fare dell'acqua pubblica una gestione privata.
C'è un solo modo: alimentare un circuito virtuoso tra organizzazioni della società civile, cittadini e partiti, capace di dare coscienza del problema e di far rientrare il decreto ingiusto. Non è facile, certo. Ma qui si misura la capacità di quella parte democratica della società civile di essere vigile, attiva e propositiva; la capacità delle forze politiche di interpretare ciò che organismi, associazioni, organizzazioni, gruppi informali, enti, comitati e singoli cittadini rappresentano con forza dalla base.
C'è una legge di iniziativa popolare firmata da oltre 400.000 cittadini, contro la privatizzazione dell'acqua: i partiti si facciano promotori di un dibattito nel Paese e di una discussione in Parlamento. C'è la possibilità di trasformare le Spa oggi esistenti in aziende gestite con la partecipazione dei cittadini: i Comuni e le Regioni le promuovano. Ci sono le condizioni per regolare sul territorio la gestione pubblica dell'acqua: le Regioni lo facciano. C'è la possibilità di impugnare la costituzionalità della legge: chi ne ha facoltà la solleciti.
Nelle regioni del Mezzogiorno e non solo esistono i Coordinamenti Regionali per l'Acqua Pubblica. Anche in Basilicata l'iniziativa ha prodotto aggregazione di cittadini e associazioni, conoscenza del problema e interesse degli Enti Locali. E' la dimostrazione di quanto sia utile fare cittadinanza attiva. C'è da sperare che quel circuito sia tanto virtuoso da produrre gli effetti desiderati; diversamente c'è da sperare soltanto nella Madonna dell'Acqua affinché il decreto diventi acqua …marcia. Intanto, il miglior modo per rispondere alla Lettera Aperta del Coordinamento Regionale per l'Acqua Pubblica, riportata da "il Quotidiano", è sollecitare adesioni e sostegni. Quella Lettera Aperta costituisce la piattaforma dalla quale devono ripartire, più consapevoli e più numerosi, cittadini e associazioni con un Movimento ideale capace di reagire alle ingiustizie fatte a danno di un diritto universale.
di Filippo Pugliese

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