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08 maggio 2006

NO ALLA CULTURA DELLA NEGAZIONE

Forte sensibilità a Potenza per la tragedia dell’Olocausto e, più in generale, per i crimini contro l’umanità. Tanto forte e matura da rigettare i ricorrenti tentativi di quanti, intellettuali e politici e gente comune, intendano sminuire o negare con le loro speculazioni la tragedia dell’Olocausto. Tanto determinata da accogliere come legge di civiltà quella promulgata dal Presidente Ciampi per istituire il Giorno della Memoria.
Sempre più ricorrenti negli ultimi tempi gli atteggiamenti che ostentano simboli del nazismo e i comportamenti ispirati a ideologie che esaltano il superomismo e il prevalere della forza sulla ragione, la supremazia dell’uno sull’altro. Sempre più manifeste le idee, le speculazioni culturali, gli orientamenti politici tendenti addirittura a negare la tragedia dell’Olocausto, liquidandola come un’invenzione, un mito o una leggenda costruita per sostenere la creazione dello stato ebraico. Sono atteggiamenti, comportamenti e orientamenti che alimentano una vera e propria “cultura della negazione” da avversare con la cultura della conoscenza e della consapevolezza che proprio nella storia dei vinti, e non dei vincitori, trova radici e fondamenta.
La storia del novecento è storia di modernità e di democrazia, ma anche di conservazione e di totalitarismi, di grandi rivoluzioni ma anche di preoccupanti involuzioni, di transnazionalità ma anche di nazionalismi, di lotte sociali per l’affermazione dei diritti ma anche di politiche orientate alla negazione dei diritti umani. La storia del novecento è storia di grandi conquiste per l’umanità ma anche di grandi crimini contro l’umanità. E’ assurdo voler negare l’olocausto, il massacro di armeni in Turchia, l’orrore dei gulag in Siberia, gli eccidi dei kmer rossi in Cambogia, le persecuzioni delle guardie rosse in Cina e l’eccidio di studenti a Tien an men, il settembre nero in Giordania, le stragi di curdi in Iraq, i desaparecidos in Cile e in Argentina, lo sterminio di toutsi in Africa, le fosse comuni e la pulizia etnica in Bosnia Erzegovina.
Con tali storie occorre che ognuno sappia fare i conti, senza nasconderle e senza negarle.
Sono stati questi gli aspetti più significativi e illuminanti della serata organizzata a Potenza dal Centro Turistico Acli e dal Centro Documentazione Cinematografica “Pietro Pintus”, con una foltissima partecipazione, sul tema “Cinema e Shoah: per non dimenticare”.
Trenta minuti di terribili immagini sulle deportazioni degli ebrei, contenute nel film Notte e nebbia di Alain Resnais, sono stati la migliore introduzione al libro di Vito Leone che raccoglie le schede ragionate di novantacinque films sulla Shoah. Dall’infame Suss l’Ebreo, che Goebels usò per la propaganda razzista, e dalla satira del Grande Dittatore, che Chaplin scagliò contro chi aveva portato il mondo in guerra, all’eroico Perlasca la ricerca continua con nuove schede di altri films, per una nuova edizione dell’opera.
Struggente la testimonianza di Ugo Foà, della Comunità Ebraica di Roma, sull’esperienza personale vissuta in conseguenza delle vergognose leggi razziali del 1938 in Italia. Altro che leggi “all’acqua di rosa”: furono provvedimenti odiosi che allontanarono gli ebrei dal lavoro negli uffici statali e pubblici, nelle banche e nelle assicurazioni, dall’Università e dalle scuole, e che costrinsero alla fame e alla emarginazione migliaia di famiglie italiane solo perché ebree.
Nel cinema della Shoah il Giardino dei Finzi Contini descrive bene quella situazione creatasi con le leggi razziali.
Il Prefetto Luciano Mauriello ha descritto bene il quadro storico e politico del tempo. Filippo Pugliese, del Centro Turistico Acli, ha spiegato come il turismo sociale diventa turismo responsabile ove sappia legarsi alla conoscenza della storia e della cultura di un paese, della gente che vive e lavora e lotta per l’affermazione dei diritti. Ha spiegato anche come il turismo diventa consapevole quando, per esempio, a Monaco di Baviera il viaggiatore non rinunci a visitare la vicinissima Dachau, per poi chiedersi come abbia potuto nel 1933 un’intera città, culturalmente evoluta e imprenditiva, nascondere a se stessa e al mondo il luogo dell’orrore; per poi indignarsi con una guida colta ed erudita che pretenda, come è accaduto, di negare la reale esistenza del campo di sterminio.
Come è vero che la cultura della negazione si alimenta proprio di simili comportamenti!
Turismo consapevole e responsabile è viaggio della conoscenza; viaggiare lungo le strade della conoscenza porta a ritrovare qualcosa spesso dimenticata o perduta.
Quando si è a Gerusalemme non si può fare a meno di prendere la strada per lo Yad Vascem, il museo dell’Olocausto. L’immensa tristezza delle immagini e dei documenti sullo sterminio di novemilioni di ebrei non abbandona facilmente e provoca grande indignazione per questo crimine contro l’umanità.
Lo Yad Vascem è proprio questo: un museo per non dimenticare e per “conservare la capacità di indignarsi davanti alle ingiustizie nel mondo”.
Molto condiviso l’appello per un no alla cultura della negazione e per l’adesione a un turismo consapevole, lanciato dal Centro Turistico Acli a conclusione della serata che ha toccato anche il filo dell’emozione, quando Filippo Pugliese, riconoscendo che di fronte ai crimini contro l’umanità l’uomo trema come un filo d’erba, ha concluso con i magnifici versi di Rocco Scotellaro: “io sono un filo d’erba, un filo d’erba che trema. La mia patria è dove l’erba trema”.

Filippo Pugliese
Presidenza Nazionale
Centro Turistico Acli

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